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Abstract |
La prima regolamentazione dell’alcool fu introdotta nel 1887 allo scopo di controllare l’offerta del distillato di patate; come in altri Paesi anche in Svizzera il distillato di patate, che era a buon mercato, causava gravi problemi di alcolismo. Il monopolio della produzione e dell’importazione di questo tipo di bevande alcoliche venne trasferito alla Confederazione e l’offerta fu limitata. La seconda regolamentazione dell’alcool risale al 1932 e aveva lo scopo di controllare l’offerta del distillato di frutta, anch’esso a buon mercato. Il campo di applicazione di questa regolamentazione venne esteso alla distillazione della frutta. Negli anni precedenti la Seconda guerra mondiale i suddetti obiettivi si integrarono con quello dell’utilizzo analcolico di frutta e patate: la politica dell’alcool stava evolvendo verso una politica agricola e dell’alimentazione. Questa fase della politica dell’alcool si protrasse fino agli anni Novanta. I progetti di legge nell’ambito della proposta di adesione allo Spazio economico europeo (SEE) del 1992 segnarono l’inizio di una nuova epoca. In Svizzera l’imposta sull’alcool divenne eurocompatibile. L’internazionalizzazione dei mercati dell’alcool determinò la riduzione dei prezzi e rese più facile l’accesso alle bevande alcoliche, anche per i giovani e i fanciulli. Nel 1994 la Commissione della gestione del Consiglio nazionale chiese di stabilire una chiara gerarchia degli scopi della Regìa federale degli alcool (RFA), ossia di abbandonare l’obiettivo dell’utilizzo analcolico e di perseguire obiettivi di politica sanitaria. Oggi la prevenzione richiede un impegno maggiore rispetto al passato e questo si riflette anche nella varietà delle nozioni. Non è più sufficiente controllare l’offerta. Due studi fondati su solide basi influenzano in modo decisivo l’attività di prevenzione, formulando le migliori prassi (best practices). L’imposta sull’alcool è ritenuta «efficace ed economica», mentre le regolamentazioni del mercato sono considerate «efficaci ed economiche ma solo parzialmente applicabili». Studi scientifici dimostrano che non è dannoso bere regolarmente una quantità moderata di alcool. Conclusione: la politica dell’alcool è migliore di quel che si dice. In particolare l’intervento della Confederazione nel XIX secolo, volto a controllare l’offerta e ad orientarla alla tutela della salute, ha consentito di migliorare rapidamente la drammatica situazione sociale di allora. La rinuncia ad includere nella politica dell’alcool le bevande alcoliche fermentate, in particolare la birra, è stata un’omissione gravida di conseguenze. La politica dell’alcool deve avere finalità chiare e disporre di strumenti efficaci ed economici. La ricerca sull’alcool fornisce a tal fine mezzi adeguati. L’efficienza è richiesta anche sul piano dell’organizzazione, della ripartizione dei compiti e del coordinamento tra i diversi attori, vale a dire dell’Amministrazione federale, dei Cantoni, dei Comuni e delle organizzazioni private. La politica deve però essere eurocompatibile in considerazione della globalizzazione dei mercati e gli strumenti devono essere effettivamente applicabili a livello nazionale. |
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